Bene o male siamo arrivati ai 150 anni dell’unità d’Italia. Cosa sia rimasto dello spirito iniziale che tanto ha spronato gli animi dei nostri avi a cercare un’identità comune fra tante realtà diverse non è facile capirlo, tanto più in questo periodo nel quale sono sempre più forti ed insistenti le pressioni di chi si batte per un’Italia divisa sia dal punto di vista economico sia da quello territoriale.
E’ strana questa nostra nazione che a volte pare svogliata, indifferente e superficiale, troppo stereotipata nei suoi reality e nella sua voglia di calcio per potersi accorgere dei problemi che la stanno attanagliando, la stanno trascinando sempre più insistentemente verso un futuro troppo precario per essere sereno. Pare strano vedere mobilitazioni di massa per problemi legati al calcio mentre vengono snobbate quelle per il diritto al lavoro, quello vero, non quello precario ,quello nel quale o sei sfruttatore o sei sfruttato, quello senza tutele e senza dignità.
Si sta alla finestra a guardare l’Italia dell’antimafia e dei politici corrotti, quella del ponte sullo stretto di Messina e degli ospedali abbandonati, quella dei Falcone, dei Borsellino e delle veline.
Forse il problema è proprio questo, si sta a guardare sperando che siano sempre gli altri a fare il primo passo, a battersi per costruire qualcosa di migliore.
In questa Italia piena di contraddizioni, nella quale mezzo mondo vorrebbe vivere e metà di quelli che ci vivono vorrebbe andarsene, io credo e con fermezza sono convinto che la via più giusta da percorrere per migliorala sia quella di puntare tutto sui figli, sulla loro capacità di vedere positivo, sulla loro straordinaria adattabilità e la loro fanciullesca curiosità. Istruzione ed educazione li renderanno mentalmente ed ideologicamente forti e propensi al bene comune ed al rispetto delle leggi. Non è retorica o puerile utopia ma è la voglia di vedere una popolazione piena di dignità riemergere dal torpore nel quale finge di star bene mentre in realtà scalpita vogliosa di poter guardare il mondo a testa alta e petto in fuori.
E’ strana questa nostra nazione che a volte pare svogliata, indifferente e superficiale, troppo stereotipata nei suoi reality e nella sua voglia di calcio per potersi accorgere dei problemi che la stanno attanagliando, la stanno trascinando sempre più insistentemente verso un futuro troppo precario per essere sereno. Pare strano vedere mobilitazioni di massa per problemi legati al calcio mentre vengono snobbate quelle per il diritto al lavoro, quello vero, non quello precario ,quello nel quale o sei sfruttatore o sei sfruttato, quello senza tutele e senza dignità.
Si sta alla finestra a guardare l’Italia dell’antimafia e dei politici corrotti, quella del ponte sullo stretto di Messina e degli ospedali abbandonati, quella dei Falcone, dei Borsellino e delle veline.
Forse il problema è proprio questo, si sta a guardare sperando che siano sempre gli altri a fare il primo passo, a battersi per costruire qualcosa di migliore.
In questa Italia piena di contraddizioni, nella quale mezzo mondo vorrebbe vivere e metà di quelli che ci vivono vorrebbe andarsene, io credo e con fermezza sono convinto che la via più giusta da percorrere per migliorala sia quella di puntare tutto sui figli, sulla loro capacità di vedere positivo, sulla loro straordinaria adattabilità e la loro fanciullesca curiosità. Istruzione ed educazione li renderanno mentalmente ed ideologicamente forti e propensi al bene comune ed al rispetto delle leggi. Non è retorica o puerile utopia ma è la voglia di vedere una popolazione piena di dignità riemergere dal torpore nel quale finge di star bene mentre in realtà scalpita vogliosa di poter guardare il mondo a testa alta e petto in fuori.